Titolo: Trovo l’agio nel disagio
Osservare quanto giudizio e pregiudizio impieghiamo quando sorgono pensieri anche quelli apparentemente più innocui: una macchina che ci taglia la strada, una tazzina di caffè che si riversa sulla nostra camicetta bianca, un tramonto, un cielo stellato, un apprezzamento, etc.
La consuetudine mentale si insinua impercettibilmente diventando un’abitudine che non viene più messa in discussione.
Allora medito: inspiro e divento consapevole di stati emotivi e del corpo, espiro e lascio andare ogni abitudine e volontà di manipolare qualcosa, oppormi, modificare. Imparo a stare con quello che c’è, si crea spazio, calma e pacificazione. Divento testimone non coinvolto in uno spazio foriero di potenzialità ancora inespresse. Altro che passività!
Portare l’attenzione sul corpo e sul respiro, può essere uno strumento molto utile per distogliere l’attenzione da uno stato emotivo difficoltoso in cui ci immedesimiamo. E’ una tecnica, un abile mezzo. Quindi il corpo diviene uno strumento, come l’ancora della consapevolezza che permette di non vagare, di non rimuginare, di non immedesimarci negli stati emotivi che si manifestano.
Gli stati emotivi non sono cose che esistono di per sé: sorgono in dipendenza da interpretazioni e visioni spesso erronee di eventi della nostra esperienza.
Quindi è importante portare l’attenzione sulla natura interdipendente dei fenomeni e, nel contempo attraverso una pratica formale, condurre la mente a sciogliere l’immedesimazione continua con il contenuto dei nostri pensieri.
In definitiva il ciclo della inspirazione ed espirazione così inteso rappresenta un’intenzione di una profondità sconvolgente se protratto nel tempo. Non è necessario dedicarsi ore alla meditazione ma bastano anche solo 10 minuti che noi ci ritagliamo la mattina appena svegli e la sera prima di andare a dormire. Va bene anche addormentarsi con questa attenzione sul respiro.
(estratto dal discorso del 20 ottobre 22)