Titolo: Dalle parole ai fatti: l’attenzione
Nell’inspirare vedere affiorare le esperienze, i fenomeni, le emozioni e i pensieri e fare attenzione al loro cambiamento e trasformazione. Esse sorgono sempre perché dipendenti da aspirazioni, attenzioni passate e non cessano nel nulla: cambiano e si trasformano. Quindi fare attenzione a questo processo di apparizione e trasformazione delle cose che accadono: annotare come e quando si trasformano, quali colori assumono, come se ci trovassimo quali osservatori all’interno di un cinema nostrano.
Il Buddha diceva che chi non è attento è come fosse già morto!
Si comincia dalla meditazione del respiro facendo attenzione al fatto che il problema non è tanto nel non tenere la concentrazione ma nel non fare “attenzione” nel momento in cui arriva la reazione emotiva. Allora la domanda da porsi potrebbe essere quella di comprendere la genesi, il motivo di quella tensione emotiva.
Questa è una rivoluzione, un cambiamento radicale del nostro modo di vivere le esperienze! Non più dando importanza a quello che dicono o pensano gli altri di noi ma osservando l’affiorare della nostra reattività emotiva il più delle volte all’origine della sofferenza, del disagio di vivere.
Acquisire questa attitudine è fondamentale per poi sperimentarla nella vita di tutti i giorni.
Perché si abbandona una sorta di “comfort zone” generata da una mente governata, il più delle volte, dall’abitudine emotiva e dalla memoria, nella ricerca costante di un controllo oggettivo delle cose che accadono attraverso il filtro dei ricordi e sensazioni del passato. Anche il futuro ci determina nelle scelte del momento presente, operando un condizionamento dettato dal raggiungimento del risultato e del cambiamento atteso.
Mantenere un costante equilibrio solidifica la nostra identità.
Se non siamo attenti ai modi con cui siamo abituati a costruire le nostre percezioni, le nostre relazioni, le nostre intenzioni non ci potrà essere una libertà da questi condizionamenti.
Dalla meditazione alla vita quotidiana trasferiamo questa attenzione ai modi con cui siamo abituati a costruire le nostre percezioni, le nostre relazioni e intenzioni per riscoprire la libertà dai condizionamenti passati e futuri e ritrovare lo “stupore”, il “rapimento” che c’è negli occhi di un bambino che guarda un campo di margherite. Nello stupore ci sei, non sei. Siccome ci sei, vuol dire che il pensiero che analizza, definisce e controlla tutto non c’è, s’è spento. Ecco perché dello stupore non sai dire nulla, le parole perdono di importanza. Quel nulla è il tacitarsi del pensiero concettuale. Quel nulla che esprime quella gamma di odori, profumi, colori, rapimenti ed estasi vissuti quando non ero io.
(estratto dal discorso del 3 novembre 22)