Uno dei rari momenti discorsivi durante il corso è stato il discorso tenuto da Filippo Lunardo
Solo sperimentando con la meditazione è possibile vivere un’esperienza di calma concentrativa. Questo è il segreto!
Frammenti
I tre gioielli
Meditazione camminata: le varie fasi
durante la meditazione camminata incontriamo parecchi oggetti, se la mente non è molto ferma, non è calma, non è stabilizzata, non è radicata nel corpo e nel respiro, nel caso si stia praticando appunto l’attenzione al movimento, quei tanti oggetti coglieranno la nostra attenzione in qualche modo la rapiranno, ci troveremo a pensare sulle qualità di una cosa come: la forma, il colore o magari il profumo.
A questo punto si interpreta l’oggetto che si incontra avviene, cioè una proliferazione mentale che tende a concettualizzare il dato immediato della esperienza
Asanga il famoso maestro della scuola Cittamātra dice che: la percezione diretta di un fenomeno dura veramente pochi millisecondi, dopodiché interviene tutta l’attività concettuale discorsiva, interpretativa della mente convenzionale
Come fare a superare l’attività concettuale, discorsiva?
Attraverso la presenza mentale che non coglie i caratteri di un oggetto ma coglie una presenza. Così mentre camminiamo e siamo radicati nel respiro e nel corpo occorre lasciare andare il bisogno o la curiosità applicando la disattenzione volontaria nei confronti degli oggetti che ci circondano.
Allora succederà che mentre camminiamo, mentre siamo stabilizzati sul respiro o semplicemente sul movimento, tutto quello che si manifesta alla percezione è, in questo caso, quello che diciamo pura forma cioè noi non incontreremo una panchina, non incontreremo un vaso, non incontreremo un muretto e non incontreremo un pozzo incorniciato da una muratura con una croce.
Noi incontreremo delle forme ed è questo che la mente registrerà: delle forme. Non è nemmeno forma in quanto separatezza, è presenza, noi incontriamo presenze.
Il fatto che ci sia l’incontro con una presenza e che sia un momento di condivisione dello spazio con le presenze (come se non ci fosse realmente uno spazio tra noi e quella presenza) è quello che ci permette per esempio di non andare a sbattere sull’oggetto in questione.
La mente non si fa spazio
e torna a uno stato di risveglio, cioè di pura presenza e tutto quello che incontra è presenza non è né questo né quello. Questa conoscenza non è mediata da concetti, da pensieri, da esperienze, da aspettative e da rappresentazioni. Gli oggetti che incontriamo, infatti, non hanno più una loro rappresentazione, non hanno più un carattere che sembra proprio che ci richiama e non hanno più quel bagliore, quel baluginio che coglie la nostra attenzione ……. ed è un tutt’uno con noi e con la mente.
In quel momento c’è un entanglement, non c’è il riconoscimento di una peculiarità caratterizzata di per sé
ma c’è presenza che non definisce nemmeno la caratterizzazione di uno spazio specifico, c’è solo pura presenza. Questo stato è presenza mentale che non conosce carattere e non coglie nulla in particolare
ma è un’esperienza diretta di cui la presenza è contatto
E’ differente da una conoscenza ordinaria perché è immediatezza, non ti parla di caratteri, del come, del così, del quello e quell’altro ti parla di pienezza.
Per fare un esempio: non percepisco una panchina ma c’è una presenza che è ricchezza è pienezza, perché non percepisco una differenza tra me e la panchina, ecco perché non distinguo la panchina.
Dalla pienezza alla pacificazione e alla gioia
l’assenza di concettualizzazione e di separatezza può portare a un’esperienza di gioiosità perché questa pienezza nella presenza che è assenza di distinzione è pacificazione, non ha bisogno del pensiero, non lo richiamo: è pacificazione di bisogni, è pacificazione di necessità e implica una gioiosità.
Si raggiunge l’assenza di separatezza e comincia lo “stupore“
cade l’acqua della pioggia, c’è lo scroscio all’interno del pozzo, l’aria che si fa fresca, il profumo che viene da un vaso in particolare, una pianta con un fiore giallo che discende da un vaso sul tavolo, il tavolo, la panchina, altri di noi che camminano eppure quando, per qualche strana fortuna, riusciamo a stabilizzarci, ecco magari sul respiro, sul movimento o su uno stato semplicemente naturale, tutto questo non è più percepito come separazione.
Se ci passa vicino qualcuno non ci sei tu o l’altro o quello con quei nomi e così via, non ci sono nemmeno io, ci sono delle presenze non ti riconosco ma ti sento, non ti riconosco ma ti sento, quel ti sento è l’anticamera di uno stupore di un empatia perché quando al mio incedere appare non quell’oggetto specifico ma una forma, la forma che è presenza, quella presenza chiama stupore e nello stupore
c’è un sentire differente.
E’ una vita differente perché è una vita di pienezza che non sa del questo e del quello, ma che percepisce attraverso lo stupore, che non ti fa andare a sbattere e che non ti fa sentire diversità tra te e l’altro. Questa è l’anticamera dell’empatia, questa è l’anticamera della compassione, quando coltivato, di bodhicitta.